«Infermieri, servono incentivi per combattere l’emorragia»
Ivrea
Il Veneto approva un piano strategico di contrasto alla carenza e stanzia 150 milioni di euro in tre anni per incrementi salariali al personale e il Piemonte che fa? Se lo chiede il Nursind, il sindacato delle professioni infermieristiche, tramite il segretario regionale Francesco Coppolella e quello provinciale, Giuseppe Summa. «Proprio per la specificità dell’area dell’Asl/To4 - spiega Summa - servirebbe l’incentivazione economica, anche in ambito universitario. Possiamo fare l'esempio di Cuorgnè, dove c’è una malattia di lungo corso e dove si sono licenziate 4 persone che hanno accettato le offerte del privato. Anche Ivrea non se la passa meglio e Chivasso ha avuto momenti di crisi con la rianimazione. Tra l’altro so che a Cuorgnè ci sono accordi con il Comune per gli alloggi ai medici delle cooperative. Servirebbero misure simili per il resto del personale».
La questione, che pesa sulle aree interne come il Canavese, va senza dubbio però risolta a livello più alto, quantomeno regionale. «In considerazione dell’assenza di un piano di intervento da parte del governo - precisa Coppolella - a cui spetterebbe affrontare questa grave situazione è esattamente quello che abbiamo chiesto durante il primo incontro in Regione dopo le elezioni e che avevamo anticipato attraverso una lettera aperta al Presidente della Regione e al neo Assessore alla Sanità, prevedendo quella che si delinea come una inevitabile competizione tra le regioni che devono provvedere a tenere aperti i servizi e dare risposte ai bisogni di salute ai cittadini. Numeri, quelli della Regione Veneto, sovrapponibili a quelli del Piemonte con una previsione di uscite dal sistema sanitario regionale molto elevato, sia per quiescenza che per dimissioni precoci dal lavoro a fronte di una generale diminuzione dell’attrattività dei corsi di laurea, con una contrazione del numero delle domande a cui si aggiunge la fuga verso l’estero».
Il risultato è il rischio di un’emorragia repentina di lavoratori. Abbiamo già detto infatti che nel giro di questa legislatura il Piemonte, considerando le sole uscite per pensionamento rapportato alle eventuali nuove entrate, avrà qualche migliaia di infermieri in meno rispetto ad oggi a fronte di una maggiore necessità di personale in considerazione dei nuovi bisogni di salute che dovranno realizzarsi attraverso la riforma territoriale. Questo si somma già ad una carenza di circa quattromila unità portato alla luce dall’osservatorio regionale. Se in Veneto si stima che nei prossimi 10 quasi il 50% del personale potrebbe cessare la propria attività, secondo quanto afferma l’assessore di quella regione, in Piemonte potrebbe andare addirittura peggio».
Le misure del Veneto, secondo Coppolella, sarebbero da mutuare in toto. «Il piano - precisa - prevede l’attuazione di strategie al fine di costruire un ambiente organizzativo incentrato sul benessere del personale e su minori livelli di assenteismo e turn over, e ottenere nel medio e lungo periodo ricadute positive nella cura del paziente».