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Август
2024

Venezia, persi sei mila artigiani in undici anni

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La crisi dell’artigianato ha il volto rugoso di Angelo Dalla Venezia, che a 87 anni in campo San Polo continua a gestire la sua bottega di tornitore, e la barba bianca di Antonio Moressa, che al Lido chiuderà a fine anno la sua bottega di calzolaio, aperta dal padre nel 1942.

Avanti di questo passo cesseranno centinaia di attività: negli ultimi anni sono andate perdute, nella provincia di Venezia, quasi seimila imprese artigiane.

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«Non tutti i settori hanno subìto la crisi - osserva la Cgia di Mestre nel suo report - ad esempio i lavori legati al benessere e all’informatica sono in costante aumento. Acconciatori, estetisti, tatuatori sono in crescita, così come i videomaker, i social media manager e gli addetti al web marketing. Altrettanto bene va il mondo del food: gelaterie, gastronomie, pizzerie da asporto».

Sono le nuove professioni artigiane, che non tuttavia non colmano ancora il saldo negativo per la scomparsa dei sarti, dei riparatori, dei serramentisti, dei carpentieri.

Per Venezia, l’allarme è doppio: la turistificazione spinta sta cancellando tutte le attività tradizionali, dal biavarol al negozio dove comprare una lampadina.

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«Il mio mestiere non si impara in dieci giorni e neanche in un mese» sentenzia Angelo Dalla Venezia. «Ma i giovani non hanno pazienza e anche la gente preferisce rivolgersi a prodotti industriali, di scarsa qualità, che poi ti tocca buttare. Per il mio lavoro, purtroppo, non c’è futuro».

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Non troppo diverse le considerazioni dell’ultimo calzolaio del Lido, Antonio Moressa, 78 anni tra pochi giorni, che ha deciso di chiudere l’attività a dicembre: «Sono due anni che cerco un successore, ma non si è fatto vivo nessuno. Questa è un’attività che iniziò mio padre, nel 1942, e che dà lavoro a me, mia moglie e mia figlia. Funziona, le soddisfazioni non mancano. Ma io ormai sono avanti con gli anni e mi sono stufato. Di un calzolaio ci sarà sempre bisogno, ma vedo tanta pigrizia in giro: la gente preferisce comprare scarpe di bassa qualità e poi gettarle magari alla prima occasione».

Chi invece è riuscito nell’impresa di trasmettere il sapere artigiano al figlio è Sanzio Vianello, 68 anni, idraulico, che sta passando il testimone ad Alessandro, 44 anni. Nel furgone aziendale ha fatto scrivere: «Dal 1980 di padre in figlio».

«Ho cominciato a portarmi dietro mio figlio che aveva cinque anni – spiega Vianello – all’inizio mi prendevano per matto ma così lui si è appassionato al mestiere e io ho potuto stare con lui, che altrimenti non avrei visto crescere. Adesso ci viene dietro anche il nipote, diciassettenne. Questo è un mestiere che un tempo era faticoso, perché si doveva lavorare con tubi di piombo oggi la fatica è molto diversa. Ma è un lavoro che offre anche molte soddisfazioni, serve costanza, impegno e tanta disponibilità».

L’estinzione dell’artigianato è comunque uno dei temi sul tavolo delle associazioni di categoria.

«L’artigianato ha perso appeal tra i giovani - ammette Matteo Masat, segretario di Confartigianato Venezia –. Serve soprattutto un salto culturale che torni a vedere questi mestieri, oltre che come utili per la società, anche remunerativi e in qualche modo appetibili dai giovani. Il passaggio generazione è uno scoglio gigantesco, bisogna continuare a trasmettere nelle scuole la bellezza di queste attività e il valore che esse mantengono per il tessuto sociale di una città. A Venezia, poi, tutto è ancora più evidente perché il turismo sta cancellando queste attività tradizionali».