Aggressore bloccato al Pronto soccorso di Monfalcone, prognosi di 30 e 15 giorni per gli agenti
MONFALCONE Per dare la misura di quanto dev’esser stato impegnativo bloccare l’uomo che all’alba di domenica ha dato in escandescenze al Pronto soccorso, abbattendo la porta scorrevole che conduce all’area dell’emergenza, un dato: la prognosi riportata dai due agenti della volante di Monfalcone accorsa in pochissimi minuti da Vermegliano al San Polo.
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Di 30 giorni per il poliziotto che ha riportato il trauma più serio (ha subìto la sublussazione di una spalla), di 15 per il collega in pattuglia. Non solo, nel tentativo di arginare l’incontenibile furia del 42enne, un cittadino italiano poi arrestato per resistenza a pubblico ufficiale e ora ai domiciliari in attesa dell’evolversi della vicenda, i due agenti si sono visti costretti a estrarre il taser, la pistola elettrica in dotazione.
Sullo sfondo, una precedente lite esplosa in un’abitazione ronchese con la convivente, trasportata in ambulanza al Pronto soccorso per una profonda ferita al braccio – autoinferta, stando alle prime ricostruzioni degli investigatori – che ha richiesto l’intervento chirurgico.
Proprio la volontà di parlare a tutti i costi con la donna, dopo l’acceso parapiglia nell’alloggio e un primo intervento sollecitato dai vicini della Polizia alle 4.30 nella frazione di Vemegliano, è stata all’origine del movimentato episodio all’ospedale, con forte presa di posizione dei sindacati.
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Risoluti, anche lunedì, nel sollecitare supporto e in primis l’introduzione di un agente in polizia nel presidio, come in passato su altre realtà. I numeri delle violenze sul personale sanitario nel 2023 in Fvg, del resto, non confortano: quasi 10 aggressioni a settimana, 40 al mese, 483 in un anno.
Asugi sottolinea, in questo caso, come l’«aggressione subita dal personale sia stata fortunatamente solo verbale», al di là dei danni alla porta divelta.
Il personale «ha prontamente chiamato le forze dell’ordine ricorrendo alla linea telefonica dedicata e già attiva in tutti i presidi dell’emergenza dell’azienda». Alcuni ospedali in regione hanno anche i pulsanti rossi che comunicano alle centrali operative una richiesta di soccorso immediato, Monfalcone no. Sempre stando all’azienda, il «personale ha già provveduto a una segnalazione interna», da protocollo.
In tutti i Ps, poi, «è attivo un sistema di registrazione degli episodi di violenza e di supporto agli operatori». Asugi ha girato «tutto il materiale in proprio possesso alle forze dell’ordine»: le indagini proseguono.
Il Comune interviene con l’assessore alle Politiche sanitarie Stefano Vita che da primario s’è confrontato ieri con i colleghi d’ospedale: «Si sconta il fatto di essere un ospedale sottodimensionato, con un personale noto nei numeri e afflussi crescenti. Che proiettano il San Polo su 44 mila accessi nel 2024, quando a Gorizia se ne contano 25 mila e a Trieste 60 mila. Qui si serve un bacino amplissimo e Monfalcone è una città piccola ma con i problemi di una realtà grande».
«Certo – osserva – piacerebbe avere un poliziotto a vigilare, ma dubito che con i numeri della Questura, una volante e una gazzella in turno notturno per un territorio che abbraccia anche i paesi, si possano ritagliare risorse per questo. Si potrebbe puntare su una guardia giurate, che però non ha la medesima autorità e competenza, ma forse meglio che niente». Un problema è anche quello degli spazi del Ps, che vedrà adeguamento appena a fine 2025.
Parla anche la segretaria isontina del Pd Sara Vito: «Ormai i Pronto soccorso sono diventati una trincea avanzata in cui il personale sanitario si espone a rischi che non dovrebbero far parte dei suoi compiti». Di qui la «forte preoccupazione per l’escalation di violenza».