Olimpiadi 2024 – Caramba che sorpresa dopo il brutto colpo Sinner. Azzurre d’oro e Musetti di bronzo, ma è Djokovic il fenomeno dei fenomeni!
Il giorno stesso che sono arrivato a Parigi per le Olimpiadi è arrivata la mazzata, il forfait di Jannik Sinner. Addio medaglie, mi sono detto. La maledizione dei 100 anni. Questo barone Hubert de Morpurgo che nessuno di noi ha mai visto giocare, neppure io pensate, resterà il nostro unico testimonial olimpico.
Sono quei momenti bui che seguono a una grossa delusione, al Sinner medagia d’oro o d’argento, soprattutto se Djokovic e Alcaraz fossero capitati nella stessa metà del tabellone, io ci credevo proprio. Maledetta tonsillite. E, senza mettere in dubbio che di forte e insuperabile tonsilliete si tratatasse, però Sinner poteva fare almeno un piccolo sforzo di comunicazione in più.
Anziché scriverlo prima sui suoi social, instagram e quant’altro, non avrebbe dovuto avvertire di persona – e non tramite coach Vagnozzi – cito in ordine sparso, il presidente del Coni Malagò, il presidente della FITP Binaghi, il capitano Volandri? E non avrebbe potuto dare qualche spiegazione in più? Ho la febbre a X gradi, ho insistito con il mio medico perché ci tenevo a giocare ma lui…vabbè insomma, magari qualcuno non ci avrebbe creduto lo stesso nell’imminenza del Masters canadese e dei 1000 punti da difendere, ma lui ne sarebbe uscito meglio.
Ancora sul piano della comunicazione il n.1 del mondo a mio avviso lascia piuttosto a desiderare. Magari adesso con la sua nuova media manager, Fabienne Benoit le cose andranno meglio, anche se mi ha sorpreso che il management di Starwings non abbia pensato di inviarla a Montreal a coordinare i suoi interventi media. Dopo il brutto colpo, un vero smash, infertomi da Sinner alla vigilia delle Olimpiadi, per la verità qualche speranza d medaglia era più che lecito continuare a nutrirla, perché i risultati di Paolini, Paolini-Errani e Bolelli Vavassori, le autorizzavano.
Francamente sul bronzo di Musetti non avrei scommesso un euro, dopo che l’avevo visto arrivare in finale a Umago, un torneo al quale pensavo non avrebbe dovuto iscriversi anche se pecunia non olet e i contratti – che si possono fare ma anche non fare quando non se ne ha proprio assoluta necessità – vanno rispettati. Tantomeno ce l’avrei scommesso quando l’ho visto perdere 7-6 al terzo la finale di Umago con Cerundolo sapendo che doveva giocare con Monfils dopo poche ore già nel pomeriggio.
Non ce l’avrei scommesso nonostante lo splendido ruolino di marcia pre Olimpiadi di Lorenzo, tennista che mi sta molto ma molto simpatico -e non solo perché è toscano come me e come Jasmine Paolini – e che adoro per come gioca da quando lo vidi diciassettenne vincere il torneo giovanile e pasquale di Firenze, anche se mi piace molto meno per come non riesce a controllare la lingua e le imprecazioni blasfeme…anche se sono sicuro che Lori non imprecherà più quando il suo adorato figlio sarà in grado di capire che cosa gli scappa detto.
Invece Lorenzo mi ha smentito, è stato capace di vincere tutti i suoi match in due set fino a che si è imbattuto nel mostro Djokovic, vero extraterrestre come ha avuto suo malgrado modo di verificare perfino Carlitos Alcaraz.
Djokovic è l’unico tennista del mondo ad aver vinto tutti i più importanti trofei tennistici della storia: i 4 tornei del Grande Slam, i 9 Masters 1000, le ATP Finals, la Coppa Davis e ora la medaglia d’oro in singolare ai Giochi Olimpici. Ma è soprattutto il modo, la straordinaria determinazione, l’incredibile classe con cui ha vinto la finale contro lo spagnolo di 16 anni più giovane, ad avermi impressionato in modo emozionante e indelebile. E sì che l’ho visto fare exploit straordinari mille volte.
Lorenzo gli ha tenuto testa per quasi tutto il primo set, fino a quel maledetto dritto sbagliato sul 4-5 40-30. Poi, innervositosi, non è stato iù lui anche se è poi stato due volte avanti di un break nei primi game del secondo set. Auguri a Musetti per la carriera, ma si tenga da conto un bel poster con Djokovic e Alcaraz sul podio. Non è detto che ricapiti. Perfino il sempiterno Djokovic a Los Angeles e a 41 anni difficilmente salirà sul podio.
Ma a Parigi dove si è inginocchiato quasi religiosamente, le mani al cielo dopo il segno della croce, il volto sconvolto dalle lacrime, le mani tremanti, Novak Djokovic si è abbandonato per pochi secondi all’eternità. Aveva realizzato il suo sogno di essere il numero uno non solo della propria epoca, ma di sempre.
E a certificare che non è un ‘opinione’ ma un dato di fatto ci sono anche 428 settimane sul trono del tennis, 118 più di federer, 142 più di Sampras, 158 più di lendl, 220 più di Nadal. Il Philippe-Chatrier non lo aveva mai applaudito così tanto. Per capire la sua gioia – ha scritto L’Equipe – bisogna rivisitare la sua rabbia di Tokyo. Indossare la maglia della Serbia è sempre stato speciale per un uomo che spesso ha giocato da solo e si è sentito incompreso dal mondo occidentale, un mondo più attratto da Roger Federer e Rafael Nadal. Il bambino dei Balcani, che da apprendista campione ha vissuto i bombardamenti su Belgrado nel 1999, è diventato un eroe in patria dove oggi vengono pubblicati francobolli con la sua immagine. Nel mezzo dei tumulti australiani del 2022, era stato espulso come un delinquente da Melbourne, dopo un periodo di detenzione perché non aveva il vaccino per il Covid. Alla sua famiglia, che lo ha sempre sostenuto, Djokovic, demone della perfezione, desiderava da tempo regalare l’incoronazione olimpica.
Per molti tennisti, ma non per Djokovic, non per Sara Errani, il torneo olimpico è un torneo come un altro. È giusto e bello, allora, che a conquistare l’oro siano stati loro.
Tornando agli azzurri, un altro brutto colpo, dopo le tre sconfitte al turno di Cocciaretto, Trevisan e Bronzetti è venuto anche dal ko di primo turno dei numeri uno del seeding Bolelli e Vavassori, sebbene io avessi preannunciato qui che il loro tabellone era il peggiore che potesse capitare. Hanno perso da Granollers e Carreno Busta, che ha risposto e giocato in modo super, ma al secondo turno avrebbero comunque avuto gli australiani Ebden e Peers che hanno poi vinto l’oro. E dalle loro parti c’erano anche i campioni di Tokyo Pavic e Mektic, anche essi subito eliminati da Koepfer e Struff. Insomma anche se Bole&Vava avessero passato quel primo turno la strada verso le medaglie sarebbe stata ancora lunghissima.
Poi negli ottavi ecco un altro brutto colpo, l’eliminazione in ottavi di Jasmine Paolini con la slovacca Anna Schmiedlova (7-5,3-6,6-4) ventinovenne che aveva battuto in carriera una sola Top-Ten, per l’appunto Roberta Vinci alle Olimpiadi di Rio 2016.
Beh, c’era da cadere in preda alla più cupa disperazione. Invece sapete come è andata a finire. Lorenzo Musetti che batte per la terza volta di fila Fritz, non un Carneade, e poi – non contento – vince in due set anche contro Zverev, campione Tokyo e a Roma, finalista 45 gg prima al Roland Garros. Meraviglia!
E poi le due ragazze con i sorrisi più belli e contagiosi che conquistano la prima storica medaglia d’oro, soffrendo solo con le francesi, al di là del rimo set perso con le russe. Di questa medaglia d’oro, che senza nulla togliere ai loro grandissimi meriti sarebbe stata più difficile da conquistare se fra le avversarie ci fossero state campionesse del calibro delle sorelle Williams, i cronisti del 2124 dovranno magari riparlare – io non credo che ci dovrei essere anche se ho mandato la richiesta di accredito-… senza far riferimento, almeno lo spero, a 100 anni di vuoto pneumatico.
Chissà, magari a Los Angeles 2028 Jannik Sinner ci sarà, anche se da Wimbledon saranno forse trascorse soltanto un paio di settimane. Ma a quell’epoca, magari con qualche Slam già in bacheca – e io credo che in 4 anni ne avrà vinto – Jannik potrebbe tenere alle Olimpiadi quasi quanto Novak Djokovic.