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Август
2024

«Ceresole Reale  e l’overtourism del fine settimana: questo è l’anno per studiare soluzioni»

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Ceresole Reale. Mauro Durbano, 37 anni, è alla presidenza del Parco nazionale del Gran Paradiso dal dicembre scorso. In queste settimane molto di discute sul tema legato all’impatto del turismo di massa nelle aree protette, come accade a Ceresole. Allo stesso tempo, il turismo ambientale riscuote sempre più successo.

Quale pensa debba essere l’approccio all’accesso nelle aree protette?

«La richiesta di fruizione delle aree naturali è in costante aumento. Questo da un lato è positivo, perché sempre più ne viene percepito il valore, ma dall'altro implica una riflessione sugli impatti che ne derivano. Quest'anno abbiamo organizzato diversi momenti divulgativi sul territorio incentrati sul tema, delicato ma molto importante, del divieto di accesso ai cani e stanno avendo un buon successo. Per quel che riguarda l'accesso al Nivolet, come già spiegato molto bene dal direttore Bruno Bassano, si è ritenuto necessario creare una discontinuità con un modello dalle valenze ambientali molto relative, passando da un anno di transizione che, grazie al monitoraggio puntuale degli impatti e alla raccolta di dati, possa portare alla formulazione di una proposta di gestione che riguardi tutto, o gran parte, del periodo di apertura della strada. Quest'anno ci saranno comunque 75 ore di chiusura contro le 72 degli anni precedenti, con due giornate in cui la strada è chiusa dalla borgata Chiapili e le navette, eccezion fatta per domenica scorsa, dove non siamo riusciti subito a trovare una soluzione, saranno le sesse degli altri giorni della settimana».

Quanto conta l’attività scientifica del parco? Ci sono progetti particolari?

«L'attività di ricerca scientifica è fondamentale per un'area protetta, la ritengo una delle sue ragioni fondanti. In particolare la possibilità di collezionare dati sul lungo periodo, per studiare i cambiamenti in atto, è un valore aggiunto importantissimo. Il Parco è impegnato in diversi progetti di ricerca: dalla fauna agli insetti, dalle specie botaniche al monitoraggio glaciologico».

I cambiamenti climatici stanno influenzando la biodiversità del Parco?

«I cambiamenti climatici influenzano profondamente il compito di molte specie presenti nel Parco, a partire da quella simbolo: lo stambecco, che varia le sue abitudini sia in fatto di alimentazione che di quota a cui staziona e arriva a diventare un animale che si muove di notte per avere meno caldo, aumentando così il rischio di predazione. Il monitoraggio costante e la raccolta di dati di lungo periodo sono e saranno fondamentali per comprendere l'impatto dei cambiamenti climatici».

Come sta andando la stagione turistica?

«Diciamo che dopo un inizio difficoltoso, dovuto al meteo inclemente e ai danni che si sono verificati, in particolar modo a Cogne, ora la stagione turistica sta ripartendo con numeri importanti».

Il versante piemontese del parco sembra essere meno organizzato, sul fronte della ricettività e degli eventi, rispetto a quello valdostano (almeno stando agli operatori). Come crede che si possano stimolare l’associazionismo e l’imprenditorialità per promuovere eventi e ricettività compatibili con le azioni del parco?

«Non penso che la distanza tra i versanti sia così marcata. Ci sono punti di forza e problemi comuni. Credo che il parco debba impegnarsi a custodire e valorizzare le eccellenze del territorio affinché queste possano essere base per lo sviluppo sostenibile. Un esempio di valorizzazione dell'attività locali è il marchio di qualità del Parco».

Quale crede sia il valore aggiunto del Parco per i piccoli Comuni?

«Il grande patrimonio naturalistico e l'opera del Parco, che ha portato oggi ad avere un brand conosciuto in tutto il mondo, può sicuramente essere un valore aggiunto per i comuni. Inoltre, grazie a fondi dedicati che negli anni il Parco ha messo, e continua a mettere a disposizione dei Comuni, possono essere fatti numerosi lavori di valorizzazione dei patrimoni comunali».

Un suo record, personale, lei, ce l’ha già: è il presidente più giovane del più vecchio tra i parchi. Come è stato accolto? Come sono stati i primi mesi e cosa l’ha colpita, di più, che non sapeva?

«Sono stati molto intensi con molte questioni sui cui decidere ed intervenire, ma non ho avuto particolari sorprese. Ero convinto che ci sarebbe stato molto da fare e così è. Mi sono sentito accolto molto bene dagli uffici, con cui è iniziato subito un proficuo rapporto di collaborazione. In particolare con Bruno Bassano, che tengo a ringraziare per la passione e la dedizione che mette nel ricoprire il suo ruolo, vi è un'unità d'intenti che ritengo molto positiva».

C’è un progetto che le sta particolarmente a cuore?

«Lo spostamento delle sedi dell'ente nei Comuni del parco al fine di avere uffici più vicini al territorio».