Overtourism, troppi impianti e cattivi comportamenti: noi difendiamo la dignità delle montagne
Dopo quanto accaduto di recente alla funivia delle Tofane, diversi giornalisti ci hanno contattato per avere un commento sulla vicenda. E quale commento potevamo dare? A livello ingegneristico il sistema di sicurezza pare abbia funzionato, per fortuna non si sono registrate vittime ma solo un grande spavento, tutto si è risolto per il meglio. Non è certo il momento delle polemiche, specialmente se fini a se stesse, ma è sempre bene approfittare degli spazi che ci vengono concessi per proporre riflessioni. Purtroppo i giornali il più delle volte ci interpellano solo in seguito a fatti di cronaca, come per il crollo del ghiacciaio in Marmolada oppure per la tragedia della funivia del Mottarone, vicende che catturano lettori avidi di particolari e pronti ad esprimere giudizi.
I nostri primi commenti si sono incentrati sull’attenzione alla manutenzione sugli impianti e le ispezioni sulla sicurezza – si parla in generale, non è evidentemente questo il caso – e su un tema a noi caro, ovvero la continua proliferazione degli impianti. Ma ci sono altri aspetti da considerare, che invece risultano spesso di scarso interesse alla platea dei lettori, e riguardano la sfera dell’etica e dei comportamenti.
Nel caso della funivia delle Tofane si parla di un guasto elettrico dovuto probabilmente ad un fulmine, visto che nell’area insisteva un temporale. Le previsioni avevano annunciato le incertezze meteorologiche, in questi casi le precauzioni dovrebbero spingere gli escursionisti ad evitare le gite in quota e gli stessi impiantisti ad interrompere le corse per evitare problemi; ma in un giorno festivo, chi rinuncia ad un’escursione pianificata o ad un guadagno previsto?
In questo caso si è sottovalutato un potenziale pericolo, è andata bene e ne siamo tutti contenti, ma la montagna insegna che a volte saper rinunciare è la scelta migliore. Ma è un altro caso, sfuggito alla maggior parte dei media perché si tratta di un fatto che non tocca tanto la cronaca quanto il costume, che ci sembra maggiormente indicativo dell’approccio turistico ai nostri monti.
Lo scorso 20 luglio le 50 cabine della Pinzolo-Campiglio Express, nel gruppo del Brenta in Trentino, si sono trasformate in un ristorante panoramico in movimento: decine di commensali hanno potuto cenare sospesi nel vuoto, viaggiando a velocità ridotta tra le tre stazioni dell’impianto, potendo degustare un menu servito da cinque chef stellati. “Il modo più esclusivo per gustare le Dolomiti”. Non è certo una novità assoluta, questo evento è già alla sua quinta edizione; quest’anno la partecipazione prevedeva tariffe a partire da 700 € a telecabina (da due o quattro posti), con servizi extra per le cabine vip. Altre iniziative simili si stanno già diffondendo da tempo sulle Dolomiti, da Vipiteno ad Ortisei; non dubitiamo che questa moda si espanderà anche sulle Alpi, ne abbiamo già un esempio a Prato Nevoso sulle montagne cuneesi, a bordo delle telecabine di design allestite da Porsche. Comune denominatore: l’esclusività, il lusso, l’esperienza “diversa”. La montagna, naturalmente, in tutto questo non c’entra nulla.
Si parla di grande successo, indubbiamente ci saranno ricadute economiche positive, anche se per lo più si tratta di territori che soffrono spesso di overtourism e non avrebbero bisogno di questo genere di promozioni. Quegli stessi cibi che certamente saranno rappresentativi delle tradizioni culinarie locali, e che si potrebbero gustare nei ristoranti ubicati a terra, se serviti sulle cabinovie evidentemente assumono altri sapori; è un po’ come guardare il panorama da una panchina gigante, o sfrecciare tra gli alberi lungo una zipline, o attraversare un ponte tibetano per vivere una sensazione adrenalinica che una semplice escursione evidentemente non riesce a suscitare. Abbiamo bisogno di combattere la noia, di scaricare le frustrazioni della vita quotidiana, e per fare questo dobbiamo trasformare la montagna in un grande luna park.
Questo è quello che cerchiamo di contrastare, per difendere la dignità delle montagne e delle persone che la vivono per scelta e non perché sono nate lì per caso, per conservarne la cultura e il rispetto oltre che il patrimonio ambientale. Ma per tutto questo difficilmente riusciremo a trovare spazio sulle pagine dei quotidiani; dovremo attendere il prossimo incidente per essere interpellati nel ruolo di “utile sciocco” dell’informazione, affidando il nostro obiettivo di battaglia culturale a chi cerca di approfondire sui motori di ricerca.
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