Abusi edilizi in zona Unesco a Padova per ricavare Airbnb: scattano i provvedimenti
La descrizione sarà certo invitante, si parlerà di «mini-loft», «open space di design», «unità singola in un palazzo storico», e via dicendo. Salvo poi ritrovarsi in spazi angusti, ricavati dalla divisione di vecchi appartamenti.
È l’ultimo fenomeno che stanno scoprendo i tecnici dell’ufficio vigilanza dell’Edilizia privata di Palazzo Moroni, che hanno il compito di vigilare sugli abusi edilizi: sempre più frazionamenti per ricavare mini appartamenti in centro storico, all’interno della buffer zone dell’Unesco. L’obiettivo è presto detto: ricavare mini-appartamenti turistici da mettere in affitto su Airbnb e siti simili.
Lo stesso fenomeno si estende anche fuori dalle zone monumentali, con un altro target: ricavare alloggi per studenti, che vista la crisi abitativa degli ultimi anni sono molto richiesti e garantiscono lauti guadagni.
Un fenomeno con cui l’amministrazione deve trovarsi a confronto, a partire dalle leggi edilizie: «Nessuna deregulation, ci sono già norme molto precise e stiamo studiando modifiche al regolamento per fissare standard elevati, a garanzia della qualità abitativa in città», commenta l’assessore all’edilizia privata Antonio Bressa.
Gli ultimi casi
A luglio sono stati rilevati dieci casi di abusi edilizi, portando il totale dall’inizio dell’anno a 66 casi. Ecco alcuni esempi di quello che hanno trovato gli ispettori del Comune.
In un edificio di via Galileo Galilei, a due passi dal Santo, due alloggi con i bagni troppo piccoli rispetto alle norme e in contrasto con il regolamento edilizio che prevede che ogni bagno debba essere «aereato e illuminato direttamente dall’esterno», e poi il soggiorno con angolo cottura non rispettava l’ampiezza minima di 18 metri quadri.
In riviera Mussato si è tentato un cambio di destinazione d’uso da ufficio a abitazione, ma l’altezza minima non raggiunge i 2,70 metri di altezza e anche in questo caso c’era un bagno senza finestra.
E ancora in piazzetta Conciapelli si è tentato il frazionamento di un’abitazione in tre alloggi diversi, ma non era rispettata la dimensione minima dei servizi igienici. Anche in via Emo Capodilista, in zona Santa Croce, si è deciso di trasformare un ufficio in un’abitazione, ma si trattava di uno spazio di appena 28,7 metri quadri, ben al di sotto dei 45 minimi previsti dal regolamento edilizio.
Regole più severe
«Bisogna ricorda che a Padova manteniamo un limite minimo di 45 metri quadri per ogni abitazione», sottolinea l’assessore Bressa, rivendicando quindi una linea dura per garantire gli standard di abitabilità in città. «Anche rispetto alle novità che si stanno introducendo con il salva-casa la nostra linea non è quella della deregulation totale, perché il rischio è di trovarsi con un’offerta abitativa che non è in linea con le aspettative e le necessità né dei turisti né degli studenti che vengono in città. Siamo molto vigili su questa situazione».
Non mancano i casi estremi: nel corso dell’anno in corso Milano è stato trovato un appartamento molto grande (circa 200 metri quadri), di quelli costruiti per le famiglie degli anni ’60, che stava per essere trasformato in uno spazio con 10 camere da letto, due bagni e una cucina. In questo caso era ovvia la volontà di “speculare” sugli affitti agli studenti.
«In casi estremi siamo già in grado di fermare questi abusi – avverte l’esponente della giunta Giordani – Ma stiamo studiando anche delle nuove modifiche al regolamento edilizio per inserire ulteriori limitazioni: le introdurremo dopo aver completato un approfondimento tecnico-giuridico».
Il fenomeno Airbnb
Era stata l’Ascom, l’associazione dei commercianti, a denunciare poche settimane fa il fenomeno Airbnb che prendeva piede in centro.
«C’è il rischio Disneyficazione, un fenomeno che porta a città in balia del cosiddetto overtourism con sempre meno residenti e, di conseguenza, con sempre meno negozi di prossimità – aveva avvertito il presidente Patrizio Bertin – Chiaro che i proprietari hanno il diritto di fare del proprio immobile ciò che più risponde alle loro aspettative, però la politica ha anche il dovere di guardare al bene più generale. Detto diversamente: serve una norma nazionale così come serve un intervento del Comune».