Toti si dimette e si parla di ‘responsabilità’: un accostamento a dir poco bizzarro
di Paolo
Nel romanzo d’avventura Il giro del mondo in ottanta giorni si narrano le vicende dell’inglese Phileas Fogg, il quale scommette con i membri del proprio club di poter viaggiare intorno al mondo in 80 giorni. Jules Verne non avrebbe mai immaginato che ci sarebbe voluto lo stesso tempo per compiere un’impresa assai più ardua, cioè far dimettere un presidente di regione agli arresti domiciliari.
Sebbene il personaggio principale, in tale contesto, avrebbe avuto facile vittoria se avesse potuto scommettere di rimanere nello stesso posto per 80 giorni, è anche vero che gli altri membri del club avrebbero scommesso a grandi linee la stessa cosa.
Oggi comincia il trip delle dichiarazioni e come sempre la parola “responsabilità” usata in politica è edulcorata a dei livelli che, se fosse un ingrediente, persino i lobbisti più impenitenti sarebbero contro. Così le parole, che hanno un significato preciso, poi diventano sinonimi a loro volta e le parole con troppi sinonimi perdono di significato. Il dovere e la responsabilità di lasciare un posto, se il proprio operato è messo in discussione o anche solo adombrato da sospetti, è messo da parte e fuori tempo limite: si trasforma in una forma di coraggio nel richiamare alle urne gli elettori. Un amministratore che vede “…come una liberazione poter ridare la parola agli elettori…”, mi fa pensare: “Figuriamoci se gli elettori alla notizie delle sue dimissioni non ci vedano la stessa cosa… chiamasi sintonia“.
La politica sta all’elettore come la moda al consumatore: se sei sovrappeso, a scuola ti chiamano ciccione, poi diventi adulto e i gentiluomini della moda usano termini premurosi come “taglie comode” o parole positive come “taglie forti”, ma alla fine sei comunque sovrappeso, solo che adesso sei un consumatore.
Quindi da adulti ed elettori bizzarra è la linea tra: disinvoltura e attitudine istituzionale, lavorare agli arresti domiciliari e lavorare in una complessa situazione, sparare tutte le cartucce e sentire come necessario lasciare un ordine in Regione e lasciare una Regione in ordine.
Concordo con la sola critica alle opposizioni che hanno cavalcato la complessa situazione, perché un’opposizione vera dovrebbe cavalcare qualunque situazione che sia anche solo semplice ma inappropriata, ben prima che diventi complessa. Leggendo l’articolo del Fatto Quotidiano del 24 maggio inerente la conferma agli arresti domiciliari da parte del Tribunale del Riesame ho avuto un déjà vu riguardo la descrizione dell’operato come più vicina a quella di un capo d’azienda privata che ad un amministratore pubblico. Se un amministratore, chiunque esso sia e qualunque ruolo ricopra, solo dopo una vicenda giudiziaria vede che “…la poltrona di Presidente è maggiormente un peso che un onore…” non è adatto, perché non comprende che l’onore e il dovere sono un peso in quanto tali, inscindibili dalla poltrona, a meno che certo non ci si adoperi nella proverbiale “responsabilità” politica.
Ora la parte politica è la stessa e se ben ricordo tutto il nostro paese è stato governato così e non da uno che ci si comportava, ma da uno che era capo di un’azienda, quindi la domanda è se stiamo parlando di dimissioni o di disponibilità per il ruolo di prossimo candidato premier…
Detto questo non se ne può più di questa tragica ed imperitura idiozia secondo la quale, ogni volta che c’è un’indagine o un arresto di un politico, ci sarebbe una volontà di sovvertire il voto popolare; se è per questo il voto popolare ha stabilito che il nucleare non lo vuole e non mi pare che questi democratici con la costituzione degli altri se ne facciano un problema. Nell’altra metà del campo trovo capzioso chiamare a raccolta le forze alternative alla destra, perché ci si deve riunire per essere dalla stessa parte della giustizia e dell’etica pubblica. Essere solo alternativi alla destra non esclude che a parti inverse ci si comporterebbe allo stesso modo, se pur in modo alternativo.
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