Abusivi occupano le ex case Ater a Treviso: porte, finestre e balconi sfondati
I portoni delle ex palazzine Ater tra via Castagnole e Feltrina hanno tutti il catenaccio e il lucchetto. Ma basta andare sul retro per trovare quello che è diventato il nuovo ingresso agli appartamenti popolari chiusi mesi fa per essere demoliti ed ora in parte rioccupati.
Gli alloggi, nei quali oggi c’è chi vive senza luce e acqua, sono almeno tre.
Ma tre sono anche le palazzine che sono interamente accessibili tramite finestre sfondate e trasformate in portoni, con tanto di vecchi mobili riattati a scale per salire e scendere dal balcone e raggiungere il vano che conduce ai vari appartamenti. Ad occupare sono stati i senzatetto, alcuni extracomunitari, altri pare di no.
Tra loro anche una donna che per rendere più accogliente quel tetto di fortuna rubato all’abbandono ha perfino messo sul balcone due vasetti con dei fiori. Fiori che sono una bandiera visibile a tutti, un’autodenuncia, fiori che sono anche la dimostrazione di assoluta umanità.
Se urli cercando risposte alle finestre non si affaccia nessuno, ma che gli alloggi siano occupati è certo. Lo dimostrano anche le bottiglie d’acqua esposte alle finestre per avere qualcosa di tiepido con cui lavarsi, le scarpe lasciate al fianco di letti di fortuna riallestiti in alcune stanze, i panni stesi ad asciugare su fili tirati all’interno delle stanze e ben visibili dalle finestre lasciate aperte per arieggiare gli ambienti. E serve, far passare aria.
Perché lì dove non c’è stata l’occupazione di necessità c’è il via vai sospetto di chi usa le vecchie palazzine popolare come bagno, come immondezzaio, come deposito, come rifugio di fortuna magari per un paio di notti. Impossibile avere contezza di quanti stiano approfittando di quelli spazi chiusi in attesa di demolizione.
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Si può immaginare siano parecchi, e senza nemmeno troppi problemi se in pieno giorno si può vedere chi entra superando le reti arancioni che un tempo delimitavano l’area chiusa (oggi in più punti aperte), raggiunge il retro di una delle palazzine, apre un balcone lasciato socchiuso chissà quante volte e con un balzo entra e sparisce in uno degli appartamenti che fanno da accesso a tutto l’edificio. Funziona così. Ricompare decine di minuti dopo, scaricando all’esterno della finestra una bicicletta, saltando fuori e pedalando via dopo aver accuratamente richiuso i balconi forzati settimane fa.
Nelle palazzine gran parte delle porte d’ingresso degli appartamenti sono state aperte, le assi di legno – inchiodate per tenere tutto chiuso – spezzate o strappate via con qualche piede di porco. Il buio avvolge tutti gli ambienti tranne quelli in cui c’è chi vive, e lascia i balconi aperti con le vecchie veneziane abbassate per nascondere movimenti, o anche solo proteggersi dal caldo torrido. Cosa c’è dentro i tanti ingressi forzati? Ogni angolo buio è potenzialmente una casa di fortuna come un pericolo, un deposito come un semplice spazio chiuso dopo il trasloco di chi lo abitava.
La stessa sorte di alcuni alloggi è toccata a parte dei vecchi garage di lamiera che si affacciano sui giardini del vecchio rione popolare. In alcuni cumuli di immondizia, in altri rifiuti vari e pure pannolini.
A pochi passi dal rione abitato da fantasmi gli operai stanno realizzando la prima delle palazzine del grande progetto residenziale ideato da Ater e Comune nell’area delle vecchie case popolari. Stanno costruendo lì dove c’erano tre edifici, demoliti in primavera.
È il destino che spetta anche a tutti quelli attorno, solo che prima vanno nuovamente svuotati e nuovamente chiusi per evitare che l’emergenza casa, l’emergenza senzatetto e pure la povertà forzino nuovamente finestre e portoni per cercare rifugio.