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Июль
2024

Baiguera: tra De Andrè e “Bad News”

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TRIESTE. Giocatore di basket, cantautore, dirigente della pallacanestro, giornalista, imprenditore, dirigente nel calcio. Trent’anni nello sport in varie vesti. «Ma ormai lo sport non è il più mondo». Di mondi, del resto, Angelo Baiguera, ne ha abitati parecchi. Lombardo di Manerbio, triestino di consolidata adozione, ma anche uno di quelli che, per dirla in musica, dove appende il cappello quella è casa.

Baiguera e Trieste. Giocatore di basket. Forestiero in una Hurlingham triestina, Usa a parte.

«Era il 1976, mi prese Ettore Zalateo. Amavo il basket ma non era la mia vita assoluta. Ero un ragazzo, avevo mille interessi».

Baiguera ”irregolare”, fuori dai clichè. Con un quasi gemello che in quegli anni gioca a calcio con la Triestina.

«Andrea Mitri! Mi convinse a partecipare a un suo film girato all’Università. Eravamo quelli strani, perchè oltre allo sport ci interessavano di spettacolo, andavamo in giro».

Allena quella Trieste Dado Lombardi. Personalità forte.

«Contrasti ci sono stati, certo. Ma era capace di slanci inattesi. Lo incuriosiva la mia doppia vita da giocatore-musicista e una volta venne a vedermi all’ex Opp. Si fermò tutta la sera, gli piaceva quello che aveva visto».

Il ds Zalateo pensava anche al futuro dei suoi giocatori. Molti dei protagonisti di quell’Hurlingham grazie ai buoni uffici del dirigente trovarono un posto nel ramo assicurativo.

«Aveva una visione molto moderna e teneva ai suoi ragazzi. Non ho voluto il posto fisso per sentirmi libero di fare ciò che volevo».

Basket e musica. Quale è stato il giocatore più forte?

«Facile, Marvin Barnes. Ma lo immaginavate».

Ex stella Nba, talento pazzesco, personaggio sopra le righe, un’esperienza triestina finita con il pasticciaccio dei festini in via Buonarroti.

«Ma quando decideva di giocare era uno spettacolo. Annunciano il suo ingaggio, io e gli altri siamo nella palestra di San Dorligo. Increduli. Incuteva rispetto anche negli Usa delle altre squadre, prima delle partite lo salutavano deferenti. E lui si girava verso di noi: “Ma chi sono questi?”. Il primo impegno precampionato era il classico torneo in piazza Marconi a Muggia. Vado a prenderlo con la mia auto e mi chiede del campo dove avremmo giocato. “Dov’è l’Arena?” mi fa. Gli racconto qualcosa ma quando arriviamo a destinazione grida: “E sarebbe questa l’Arena?”. Molla il borsone e se ne va».

Marvin Barnes detto “Bad News”. Una storia da farci una canzone, “Cattive notizie”.

«L’ho scritta di getto. Non c’era solo il Barnes genio e sregolatezza. La sua donna era disperata, sentiva che dopo la storia di via Buonarroti era stato lasciato solo».

Dal basket alla musica.

«A 26 anni anche se giochi in A1 hai voglia di vivere. Avevo troppa curiosità. E se giocavo male c’era chi subito attaccava: “Per forza, quello non fa vita da sportivo”. Per un anno faticai. Ma i miei dischi circolavano».

Finchè...

«Finchè, incuriosito da una recensione positiva, il produttore di Fabrizio De Andrè, Bruno Sconocchia, ascolta un disco e lo fa sentire a Faber. L’album gli piace e mi chiede di partire per il tour di Creuza de Ma, per aprire i concerti. Prove in un teatro di Garbagnate poi la tournee. Svolta pazzesca. Passo da suonare davanti a 300 ragazzi agli stadi, prima di un genio».

Com’era?

«Uno dei più grandi poeti del Novecento. Un carattere particolare, difficile. Grande persona. Una forte emozione condividere i concerti in Sardegna. Dove aveva scelto di vivere, dove aveva vissuto il dramma del rapimento, dove aveva perdonato i suoi carcerieri».

Ne parlava?

«Sì. Ma come poteva farlo solo lui».

Finisce la stagione di Baiguera cantautore.

«Qualche altro disco, si spegne il sacro fuoco. Torno a Trieste, tramite il giornalismo mi riavvicino al basket. Vedo la Stefanel e mi torna la voglia».

Da dirigente. Chiamato dal sindaco Riccardo Illy a dare un futuro al basket dopo il trasferimento di buona parte della Stefanel a Milano.

«Vado a fare il mercato con il povero Renzo Crosato. Un industriale di allora si avvicina al basket e ci dà il mandato per spendere due miliardi di lire. Ma poi ci accorgiamo che non è così. Comunque troviamo buoni giocatori, come Steve Burtt».

Colpi e bidoni triestini. Chi è stato il più scarso?

«Jevon Crudup, nonostante tutto l’affetto per lui».

L’ultima esperienza nel basket è da ds con la proprietà Usa dell’Adrical. Frank Garza. Teo Alibegovic giocatore, cognato del boss e quindi in parte socio. Grandi propositi, un flop. E il rischio di vedere finire a Pesaro i diritti.

«Adrical i soldi li ha messi, erano ingolositi dalla cablatura di Trieste per fare il loro business. Il basket non era il centro degli interessi. Svanito il business, hanno cercato di recuperare soldi vendendo il titolo. Mi ero chiamato fuori già da tempo, non volevo partecipare alla fine del basket triestino».

Dopo il basket, il calcio. Nel Palermo di Zamparini.

«Fondo una società di comunicazione e vengo a contatto con Zamparini per le sue attività commerciali. Entro in un mondo completamente diverso, un’esperienza formativa straordinaria. Esplode Dybala, saliamo in A, crescono Belotti e Vasquez, siamo a metà classifica. Vendiamo Dybala, ci salviamo all’ultima giornata. La struttura fatica a tenere una A di quel livello, dico a Zamparini che me ne vado, lui si arrabbia. Ma gli volevo bene, nella sua follia Maurizio aveva momenti di genialità».

Da allora nella sua vita niente più sport.

«Curo le relazioni esterne del Polo del Gusto. Tra i top 100 secondo Forbes Italia. La mia vita adesso è questo».