Basket, come ricostruire l’Italia verso gli Europei 2025. I rientri degli infortunati, nomi nuovi e la suggestione degli U17
Un’altra chiusura mesta per il basket italiano. Intendiamoci: che il Preolimpico di San Juan sarebbe stato difficilissimo, quasi ai limiti dell’impossibile, ne eravamo già consapevoli. Ma la netta sconfitta contro una Lituania sì talentuosa, ma non irresistibile, tanto da aver giocato proprio con gli azzurri la miglior partita del loro torneo e fallendo clamorosamente la qualificazione contro la selezione di casa guidata da José Alvarado, lascia più di un punto di domanda in vista del futuro, con i prossimi Europei ormai distanti soltanto un anno.
Sicuramente quella a disposizione di Gianmarco Pozzecco non era la selezione migliore possibile. Le assenze di Simone Fontecchio, Gabriele Procida e Matteo Spagnolo, tra i pochi italiani a giocare costantemente ad alto livello tra NBA ed Europa, sono sicuramente pesate. Soprattutto il primo, fresco del rinnovo con i Detroit Pistons, che negli ultimi anni è stato il vero leader offensivo della selezione e fuori per un infortunio da marzo. Ma anche gli altri due, con un anno di Eurolega in più sulle spalle, potevano ritagliarsi minuti importantissimi nelle rotazioni. A loro si aggiunge anche Luca Severini, con una mano rotta da fine aprile che avrebbe potuto rimpolpare le rotazioni tra i lunghi.
Con queste assenze si è estremizzato ancor di più il concetto di run and gun voluto da Gianmarco Pozzecco, ma i risultati e soprattutto le percentuali non lo hanno premiato. Di contro, si è andati costantemente sotto contro i lunghi avversari, facendo una fatica del diavolo in pitturato: con Guglielmo Caruso che è un corpaccione che scalda solo la panchina, in azzurro come a Milano (ci torneremo), ci si chiede se si poteva trovare un po’ di spazio a gente come Amedeo Tessitori e Leonardo Totè, autori di discrete stagioni tra Venezia e Pesaro e forse gli unici ‘corpaccioni’ a disposizione del nostro basket. Oltre al solito, annoso discorso che ha il nome e cognome di Amedeo Della Valle, forse l’unico attaccante vero nel circondario ma che non si è mai espresso in azzurro.
Per non parlare della questione naturalizzato: si è scelto John Petrucelli, onesto mestierante a questo livello di gioco, quando non si è più voluto approfondire il discorso con altri giocatori. Forse la strada che portava a Donte DiVincenzo, guardia dei New York Knicks tra i migliori tiratori della NBA, era lunga e impervia, ma forse un giocatore dalle qualità mentali di Darius Thompson sarebbe servito. E non parliamo di tempistiche tecniche, vedendo quello che ha fatto la Slovenia con Josh Nebo (seppur non sia servito) e il fatto che Thompson sia italiano per matrimonio.
Intanto, negli stessi giorni, ha preso a entusiasmare la selezione Under 17, che dopo un inizio stentato ha messo le marce alte fino a conquistare il secondo posto al Mondiale di categoria alle spalle dell’inarrivabile USA. E intanto Matteo Boniciolli, coach di Torino in A2, lancia la sfida: presentarsi al prossimo Preolimpico con almeno 7 ragazzi che hanno partecipato a questa competizione. Quando avranno vent’anni, ma è difficile vederli pronti per quell’appuntamento, figuriamoci per i prossimi Europei.
E non per colpa loro, sia chiaro (almeno esclusivamente). Ci sarebbe comunque bisogno di cambiare delle determinate norme nel nostro basket che non hanno creato del benessere. Ad esempio l’obbligo di giocatori italiani a roster, che da ‘norma per non far estinguere’ gli azzurri stessi li sta trasformando a essere degli scaldapanchina ad alti livelli. Vedi Milano, che è obbligata a comprare italiani che non usa mai in campo, vedi Bortolami e Caruso negli anni più importanti delle loro carriere. La speranza principale è che questi ragazzi che ci hanno entusiasmato nelle ultime settimane trovino giorno dopo giorno sempre più spazio con i loro club di appartenenza, facendosi le ossa tra canestri e, perché no, errori, senza il timore di bruciarli. Ma anche senza farli ammuffire in panchina.
E si dovrebbe pensare anche a come ampliare il proprio bacino d’utenza per uno sport che in fondo non interessa più come una volta. Ma non basterà un solo anno per mettere le cose a posto da questo punto di vista, ce ne vogliono molti di più…