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Июль
2024

Maratona dles Dolomites: in bici per cambiare

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Nelle lotte fra potenti, ci vanno di mezzo sempre i più deboli, come racconta il mito di Apollo e Dafne nelle Metamorfosi di Ovidio. Apollo è il dio più ammirato, dal fascino indiscusso, Cupido invece è un dio irascibile, urtato dagli scherni di Apollo.

Così umani questi dei, e fragili. Cedono all’amore come gli uomini, mostrano sentimenti di rabbia e vendetta, di violenza e sopraffazione.

Cupido che mal tollera la superbia di Apollo nel vantarsi di aver ucciso il drago Pitone, scaglia due frecce: quella dell’amore colpisce Apollo e quella dell’odio colpisce l’inconsapevole Dafne.

Va da sé che Apollo si innamori perdutamente di Dafne che, invece, lo rifiuta inesorabilmente. Apollo la insegue ovunque, finché non la raggiunge in un metamorfico abbraccio.

In quell’abbraccio violento, la fiera Dafne, per difendersi e non cedere, si trasforma in pianta di alloro. Dafne è vittima di una vendetta che non la riguardava.

Mutare ed essere alloro è la sua libertà, rimanendo fedelmente sé stessa.

E in cosa si trasformano le povere genti quando sono coinvolte nella rabbia omicida dei potenti che scatenano guerre ovunque? Per i civili incolpevoli, la trasformazione è in maceria e sangue, distruzione, dolore. Morte. Ecco l’alloro in cui mutano.

C’è poi un altro messaggio nascosto nel mito di Apollo e Dafne, raffigurato così mirabilmente dal Bernini in un gruppo scultoreo di una plasticità sensuale e potente da lasciare ancora oggi basiti: l’amore non ricambiato. È inutile, dice il mito, amare qualcuno che non corrisponde: qualunque sia la scelta, che l’altro farà di fronte ai nostri sentimenti, va rispettata senza rispondere con violenza.

E l’uomo, invece, cosa fa? Ha un modo strano di amare le persone e la Natura. La maltratta, ne abusa. Un figlio dovrebbe rispettare la Madre, e lui invece continua a tormentarla, la sfinisce.

Si ostina a non cambiare i suoi comportamenti nonostante le sempre più palesi manifestazioni della furia di Madre Natura, le crisi climatiche. Fiumi che esondano, terre che smottano o si allagano, persone evacuate: in pianura, sulle coste, in montagna. E ancora si organizzano olimpiadi e nelle nostre valli ladine i campionati mondiali di sci: follia totale.

Ed è follia non riuscire ad eliminare le auto e le moto dai passi dolomitici. Anzi! A volte ci riusciamo come con la Maratona dles Dolomites e in poche altre occasioni durante l’estate. Evviva le bici.

Queste occasioni sono poche, pochissime ancora per mutare la triste e rovinosa consuetudine.

Malgrado i millenni trascorsi, l’essere umano non è ancora cambiato. Siamo come eravamo: irascibili, presuntosi, violenti, ed egocentrici. Proprio come gli dèi.

Mai come oggi vi è bisogno di una bella mutatio, in meglio s’intende. E di adornare le nostre teste, non solo i laureandi, con una corona di alloro, simbolo di una virtù che vada oltre la stoltezza umana.

Dovremmo mutare d’animo, come fanno i grandi poeti. Ricordate il Petrarca e la sua mutatio animi? Ricordate quella figura di intellettuale umanista che diede origine al pensiero europeo moderno, scopritore di una coscienza basata sulla complessità e sulla conflittualità interiore? Ebbene, il poeta laureato ci riporta alle chiare e fresche acque dolomitiche e perciò l’augurio, a tutti coloro che partecipano alla 37ª edizione della Maratona dles Dolomites-Enel, è che nel compiere questa impresa, che sicuramente è portatrice di una mutazione, si possa mutare in meglio, rimanendo noi stessi.