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Июль
2024

Vecchioni a Trieste: «Troppi i giovani senza stimoli. Colpa del modo sballato di governare il mondo»

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Il primo pensiero è per Trieste: «Non la vedo da tanto tempo, è una città da nostalgia, ho tanta voglia di ritornarci, ancora di più per una manifestazione bellissima e accanto a artisti notevoli».

Roberto Vecchioni sarà tra i protagonisti giovedì dalle 21.15 in piazza Unità dello spettacolo programmato nell’ambito della Settimana sociale dei cattolici (gratuito su prenotazione, ma sono già sold out tutti i 3.660 posti, ndr), presente anche la Fvg Orchestra diretta nell’occasione da Leonardo De Amicis, «un maestro fantastico».

Insegnante, musicista, comunicatore, Vecchioni parla dei giovani e dei valori di oggi, della musica come veicolo per un certo tipo di messaggio, dell’arrivo del Papa, senza trattenere una denuncia: «Il modo sballato di governare il mondo ha prodotto tanti, troppi ragazzi che non hanno più stimoli».

Che cosa si aspetta dal concerto?

«Sarò in mezzo a gente che sa di musica, di arte, di cultura. Sarà una bellissima serata».

E cosa arriverà ai giovani che vi verranno ad ascoltare?

«Si può dare qualcosa e farla arrivare solo ai giovani che capiscono che cos’è la vita. Agli altri che sono partiti per la tangente è difficile comunicare».

Chi sono?

«Ci sono purtroppo tantissimi giovani in Italia smarronati, schifati, ignoranti. Volutamente ignoranti. Di contrappeso ci sono, per fortuna, ragazzi che parlano, pensano, lavorano, credono. A loro va detto di mantenersi forti, di tenere le mani strette, di non abbandonarsi mai a nessuna sconfitta».

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Quel “volutamente ignoranti” implica delle responsabilità anche dei giovani?

«Le colpe sono di chi sta intorno. Direi più precisamente del modo sballato di governare il mondo. Almeno in questi ultimi trenta-quarant’anni si è andati verso il materialismo più assoluto, si sono dimenticati i valori fondamentali dello spirito e della natura, si è completamente persa la cultura. I giovani, per questo, non hanno più stimoli. Far perdere gli stimoli ai ragazzi è tremendo. Porta a rimanere indietro con le materie scolastiche, a non alimentare il fuoco per la conoscenza. Senza cultura, che è alla base di tutto, quel fuoco non c’è».

È mancata anche la scuola o subisce senza colpe?

«Noi subiamo i governi e dunque li subisce pure la scuola. Ogni organizzazione del nostro Paese è lo specchio di chi detiene il potere. Possiamo essere solo quello che ci permette chi ci comanda. E da un bel po’ di tempo ci permette poco e ci prende molto».

Papa Francesco?

«L’ho incontrato assieme a mia moglie un paio di mesi fa a Roma, al World Meeting on Human Fraternity, l’evento che ha riunito in Vaticano pure vari Premi Nobel per un dialogo sulla pace. Ho fatto la prolusione, alla sera ho anche cantato un paio di canzoni a San Pietro. L’invito, del tutto inaspettato, mi ha fatto vivere una delle esperienze più belle della mia vita. Parlare davanti al Papa è come farlo davanti all’intera umanità. Ed è stato straordinario anche riflettere su un argomento trascurato come la fratellanza».

Come sta la sua fede?

«Non ha problemi, è solida, va per i fatti suoi. È convinta che Dio esiste».

E il dopo?

«Avremo un premio finale, che ripagherà per tutto il dolore che si è sofferto in vita. Non esiste inferno, la penso alla De André».

De André, ma anche Lucio Dalla, che della sua fede ha spesso parlato, sarebbero stati contenti di cantare oggi a Trieste?

«Ci sarebbero stati bene, sì. In un momento in cui contano troppo cose che secondo me dovrebbero contare di meno, tra musiche esageratamente rumorose in piazze affollatissime, un evento come quello di piazza Unità ci restituisce la piacevole rigorosità del sentimento musicale».

Che veicolo è la musica?

«Lo è sempre stato e continua a esserlo. È veicolo per le idee democratiche, i sogni, le speranze, la gioia. Come la bella poesia, il grande cinema».

A una sua figlia, in una canzone, ha detto “non voglio tu sia felice, ma sempre contro, finché ti lasciano la voce”. Che cosa intendeva?

«Volevo augurarle che fosse piena non di cose finte, ma di cose dentro. E le indicavo la via per non diventare opportunista».

Come giudica, dal punto di vista di insegnante, la scena muta all’orale delle tre studentesse di Venezia per contestare i voti bassi in greco?

«Non rispondo a domande sulla scuola perché è cambiata troppo dai miei tempi. Non la conosco più».

Il modello di scuola ideale esiste?

«A 81 anni non credo di poterlo dire io. Ma la scuola che facevo vent’anni fa mi piaceva. C’era un bel dialogo in classe, ma erano certamente diversi i tempi, con meno distrazioni. Quando una cosa è bella ti gasi e si gasano anche i ragazzi. Oggi è un po’ più difficile».

Ma stasera cosa canta?

«Sicuramente “Sogna ragazzo sogna” e “Chiamami ancora amore”. Le altre due non lo so ancora».