Cara Meloni, alla destra servono nuovi riferimenti culturali. Parta da due dati
Gentile Presidente Meloni, chiarisco subito: sono una persona di sinistra che non voterà mai per Lei, ma non penso che a causa Sua e della coalizione da Lei capitanata il fascismo sia alle porte. Anzi, mi riconosco fra coloro che biasimano la sinistra per essersi, fra le altre nequizie, ridotta a un antifascismo di maniera, pur di mascherare la propria incapacità e irrilevanza nel contrastare l’unico fascismo del nostro tempo: quel potere tecno-finanziario che, sulla base della dogmatica neoliberista, sta distruggendo lo stato sociale e producendo delle disuguaglianze come non si vedevano dal periodo fra le due guerre mondiali.
E qui arrivo al punto. Non occorre essere degli storici di professione per accorgersi che il contesto sociopolitico odierno presenta inquietanti similitudini con quello che, nel secolo scorso, ha condotto il mondo verso due conflitti tragici. Dominio incontrastato del mercato sui diritti e le tutele delle persone, spiccata conflittualità tra nazioni (con due guerre alle porte dell’Europa), spostamento a destra del contesto ideologico europeo e non solo (negli Stati Uniti potrebbe tornare presto Donald Trump). A tutto questo si aggiunga l’incapacità delle sinistre di intercettare e rappresentare il malessere sociale delle categorie più deboli, ma anche di elaborare un programma teorico e pratico per contenere le iniquità del sistema tecno-finanziario, nonché di unirsi intorno a una visione realistica in grado di contrastare guerre dannose prima ancora che immorali. Meno antifascismo da “fighetti” pseudo-intellettuali, scollegati dal tanfo popolare, e più lotte sociali da politici razionali e preparati sarebbero gradite quanto, ahimè, risultano non pervenute.
Una persona della destra rozza e irresponsabile, quale credo e spero Lei non sia, potrebbe non dare peso a tale contesto, tanto più che al momento si rivela premiante proprio per le forze che Lei rappresenta, anche quelle più estreme.
Ma proprio qui sta il punto dirimente: Lei intende essere la leader di una destra che, come avvenne nel Novecento, capitalizza il fallimento delle sinistre di fronte al predominio del Mercato, magari prendendosi anche una bella rivincita contro coloro che hanno maledetto e ostracizzato la Sua parte politica in nome dei gravissimi errori del passato (una cosa un po’ da nerd, non trova…)?. Oppure vuole provare a essere la statista in grado di costruire finalmente una destra defascistizzata e quindi moderna? Per ottenere questo secondo obiettivo, mi permetta di dirglielo, non basta cacciare con profonda convinzione coloro che vengono “beccati” a proferire slogan e frasi ripugnanti. Se non altro perché cacciare non vuol dire costruire e poi molti potrebbero limitarsi a diventare semplicemente più abili nel nascondere le proprie idee estremiste, per impuro spirito di convenienza.
Si tratta, piuttosto, di individuare nuovi e perfino radicali riferimenti ideologici e culturali, per una Destra (e Dio solo sa quanto ne avrebbero bisogno Italia ed Europa, oltre che la stessa Sinistra…) che magari sia in grado di proporre a sua volta una visione di società che, ovviamente diversa da quella della sinistra, non risulti comunque e a sua volta totalmente imbelle rispetto al neoliberismo mercatistico.
Sì, perché negli anni del nazifascismo fu il capitalismo liberista a sfruttare le destre nel loro sanguinario e, per fortuna, fallimentare percorso fondato anche sull’illudere il popolo di rappresentarne bisogni e interessi. Oggi sarebbe la stessa cosa, ma con in più quell’inevitabile farsa a cui si condanna chi si limita a subire le ripetizioni della Storia.
Già la sinistra si è condannata a un’irrilevanza di cui non si vede via di uscita, attuando riforme e politiche in senso liberistico a cavallo tra Novecento e XXI secolo (Clinton, Blair, Schröder, Jospin, Prodi). Adesso tocca alla Sua parte politica scegliere fra tre vie: capitalizzare la rivincita di una Destra postfascista (quindi razzista, antisemita, nazionalista) e aprire le porte dell’Italia e dell’Europa a un futuro rischiosissimo; fingere di ripulire la suddetta Destra postfascista, salvo mettersi al servizio del capitale finanziario (come nei decenni scorsi ha fatto la sinistra, oltre che nel secolo scorso il nazifascismo); oppure costruire finalmente una destra autorevole e autonoma dal potere finanziario, culturalmente strutturata e in grado di governare un paese (e l’Europa) senza che nessuno possa avere timore di derive autoritarie.
Si potrebbe partire da due dati sostanziali delle scorse elezioni europee: le destre sono state votate in larga parte dalle classi sociali più povere e da un elettorato anziano. Questo significa due cose: 1) una grande massa di persone in difficoltà attende da voi politiche di equità sociale e protezione dagli eccessi del capitalismo (la prossima volta chissà a chi potrebbero rivolgersi); 2) avete relativamente poco tempo per provare a costruire una destra in grado di intercettare il consenso di coloro che sono il futuro.
C’è di che lavorare, insomma. Tanto e anche in fretta. Per il bene di tutti i cittadini italiani ed europei. Anche quelli che, come nel caso di chi Le scrive, non la voteranno mai. Questo significa essere statista e democratica (che è affare di tutti noi), prima ancora che donna, madre e cristiana (che è affare sostanzialmente Suo).
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