Delitto di Scaldasole, al processo mostrate le foto della vittima: «Scena agghiacciante»
SCALDASOLE. Un delitto violento, con il volto e la parte alta del torace coperti di sangue dopo almeno un fendente inferto all’altezza del collo: immagini crude scattate dal primo medico del 118 entrato e mostrate ieri per ricostruire il delitto. «Una scena agghiacciante» hanno spiegato ieri durante la loro deposizione i soccorritori intervenuti. La prima ad entrare, una volontaria della Croce d’Oro di Sannazzaro, si è commossa in aula durante la ricostruzione di quanto visto nella casa di via Piave, a Scaldasole, dove il 19 aprile 2023 era stata uccisa Anila Ruci, 38enne che viveva da alcuni mesi in una casa in affitto proprio nella via principale di Scaldasole. E in quella casa, nelle ore precedenti al delitto, non sarebbe entrato nessuno, come emerso dalle immagini delle 4 telecamere pubbliche della zona.
I testimoni in aula
Sono particolari esaminati ieri nell’udienza del processo di fronte alla corte d’assise (presidente Elena Stoppini) che vede come unico imputato per omicidio volontario il 32enne Osman Bylyku, che in paese si presentava come il fratello della vittima anche se in realtà non lo era. Bylyku, presente in aula ieri, è tuttora detenuto. La difesa di Byluku punta sulla tesi iniziale dell’imputato, ovvero che qualcun altro all’alba del 19 aprile è entrato in casa aggredendo lui ed Anila, con ferite da aggressione proprio sul torace di Osman, come sostenuto anche da una perizia difensiva. Ieri però la consulente medico legale della procura ha sostenuto che quelle ferite potevano essere compatibili con colpi di un’arma bianca, però sui polsi del 32enne c’erano segni che sembravano dovuti a ferite autoinferte. L’allarme nella casa di via Piave a Scaldasole era scattato intorno alle 16.30 del 19 aprile.
L’allarme del vicino
A dare l’allarme era stato proprio Bylyku che era uscito di casa, come si vede anche delle telecamere del vicino bar dove era entrato a chiedere aiuto. «Lo conoscevamo di vista, veniva ogni tanto con Anila a bere un caffè dopo cena o al pomeriggio. A volte veniva anche Anila da sola, abbiamo scoperto i loro nomi solo dopo l’accaduto. Dicevano di essere fratello e sorella», hanno ricostruito ieri in aula, alcuni testimoni tra clienti, gestori e dipendenti del bar. «Si vedeva che quel pomeriggio Osman non stava bene, era pallido: mi aveva detto di essere stato accoltellato - ha testimoniato un cliente del bar -. Mi ha chiesto in albanese qual era il numero di soccorso. Poi mi ha passato il 118, sapeva poco l’italiano».
Il medico del 118
Tra i primi ad entrare una volontaria della Croce d’Oro di Sannazzaro che ha trovato di fronte a sé la donna nel letto piena di sangue. Nella casa del delitto poco dopo era entrato un medico del 118 di Pavia. «La donna era ricoperta di sangue e in rigor mortis, il decesso poteva risalire a qualche ora prima, Osman invece aveva delle ferite recenti, ma che non perdevano sangue: aveva fatto capire di essere stato aggredito, non era in pericolo di vita», ha testimoniato.
Hanno parlato anche i carabinieri intervenuti. «Le telecamere vicine alla casa non funzionavano, c’era un cartello nella corte interna della casa del delitto che indicava una telecamera, ma in realtà non c’era - ha spiegato il maresciallo che ha acquisito i video -. Si vede Bylyku uscire di casa alle 16.38 ed andare al bar, dove ha dato l’allarme. Nelle ore precedenti non ci sono movimenti in ingresso alla casa». Il processo riprenderà a settembre, i parenti di Anila sono parte civile.—