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Июнь
2024

Corteo neofascista a Padova, silenzi e minacce: impedite le foto del saluto romano

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Trecento braccia tese, un angolo perfetto di 45 gradi. Tutte rivolte verso la targa dorata dedicata Mazzola e Giralucci. È silenzio per un istante, quindi le pareti delle case di via Zabarella tremano.

Risuonano del “Presente” gridato da quelle trecento persone. Mentre questo accadeva, alcuni militanti di estrema destra accerchiano i giornalisti. «Non potete fare foto, né avvicinarvi», affermano, «l’ordine lo gestiamo noi qui». Si arriva in via Zabarella dopo un lungo corteo che ha sfilato per le strade del centro. Da piazza Mazzini militanti di Forza Nuova e CasaPound da tutto il Triventeto si sono radunati.

Lì hanno acceso un centinaio di fiaccole, e con in testa due gigantografie di Mazzola e Giralucci hanno condotto il corteo per via Dante. Un corteo silenzioso, non una parola, né musica, né un coro. Solo il rumore delle torce che bruciavano e dei passi sui sampietrini. Il corteo sfila tra i padovani che assistono alla scena muta. Commentano con sguardi di stupore e sussurri, sicché la scena spaventa i più. Ogni tanto le fiaccole si spengono e prontamente ci sono militanti con secchi pieni di combustibile per rimpinguare le fiamme.

Il corteo avanza, sfila fino a piazza Garibaldi, poco distante dalla targa che ricorda il sacrificio di Flavio Busonera e degli altri partigiani uccisi dai fascisti, arriva sul Liston. È lunedì, c’è poca gente per strada. Le trecento figure, tutte vestite di nero, arrivano sotto il Pedrocchi, sfilano davanti al Municipio.

Quindi imboccano via san Francesco, passano davanti alla tomba di Antenore, simbolo della Padova, e alla Prefettura. Infine imboccano via degli Zabarella, e si posizionano a semicerchio intorno alla targa dove la mattina il sindaco e il prefetto avevano deposto una corona d’alloro. Le corone, alle 20.30, diventano due. Accanto, gli striscioni che avevano aperto il corteo.

Ma la stampa viene allontanata. «Voi farete tutti una brutta fine», grida un militante di Forza Nuova. Il giornalisti sono accerchiati, quindi viene impedito di documentare quanto segue. Quelle trecento braccia tese alla targa appesa al muro di via degli Zabarella, di fronte alla quale la figlia di Giralucci, Silvia, poche ore prima aveva esortato a non usare il nome del padre «come la bandiera del martire da sventolare per vantare un credito non saldato». Parole, evidentemente, da cui si potrebbe ancora imparare.