Nazione & finanza. Spezzare l’incantesimo, 60 anni di solitudine imprenditoriale: ecco perché (ora) si può fare
Hanno fatto il deserto e l’hanno chiamata politica industriale. Questo quanto si deduce da un confronto impietoso fatto dalla ricercatrice di Stanford Ilya Strebulaev sulle imprese più capitalizzate in Italia e negli Usa. L’ultima entrata nel club italiano dei “top dieci” risale al 1962. Ed è l’Enel. L’ultima entrata nella classifica Usa è Meta, nel 2004. Sono 42 anni e un universo di differenza. L’immagine di un giovane Zuckerberg che crea Facebook a confronto con la diga del Vajont che esonda per la fretta della Sade. È tutto in queste immagini il declino industriale dell’Italia. Un ventenne in foto ad alta risoluzione contro il seppia di Pietro Nenni che porta a casa la nazionalizzazione dell’Energia della Nazione. Poi? Poi abbiamo avuto Tiscali di Soru, di cui rimangono solo gli strascichi giudiziari. E poi? E poi ci restano i marchi del lusso: Ferrari, Moncler e Prada.
Eccellenze, niente meno. Ma di là ci sono Amazon, Apple, Nvidia. Che gli vogliamo raccontare? È vero, i volti dei founders si riempiono di rughe, ma dietro c’è vita. Quello che dal 1962 abbiamo prodotto qui è una nazione di piccoli capannoni, piccole aziende e piccoli successi. Tutti molto belli, soprattutto per i grandi fondi che oggi li comprano a prezzo di realizzo. La politica ha, chiaramente, la sua parte di colpe. Fino all’arrivo di Giorgia Meloni il tetto di cristallo per donne e giovani è stato bello spesso. Unica eccezione: Matteo Renzi. Ma è stata una stagione breve e per certi versi dannosa. Si è svegliato un odio sordo per chi amministra, rischia e innova. Reazione non ingiustificata, sia chiaro, nel 2016 il termine “start up” era quasi più abusato di resilienza nel 2020. Oggi, però, qualcosa si intravvede. E non a caso è iniziato tutto con Giorgia Meloni.
Innanzitutto, la chiusura dei cordoni delle borse, del Governo a Roma e della Bce a Francoforte, stanno consentendo a spazi sempre più importanti di aprirsi per chi ha idee. Sembra un controsenso, ma i tassi bassi non hanno mai fatto nascere nulla nemmeno negli Usa. Perché, a goderne, sono da una parte i poteri consolidati e dall’altra chiunque sappia mettere insieme uno straccio di presentazione. Insomma, sono soldi che o discriminano molto o non discriminano affatto. E nella finanza, un po’ di “sana discriminazione” aiuta molto.
E poi il messaggio, forte, che si sta mandando con la duplice riforma della giustizia e del premierato: stabilità politica e protezione dagli abusi giudiziari. Anche la difesa di Daniela Santanchè è un ottimo segnale per chi vuole crescere: investire comporta il rischio di fallire. Fallire non può essere una sorta di morte civile. Adesso ci vuole un enorme sforzo: abbattere il mostro burocratico. Ottimo segnale viene dall’estensione del concordato preventivo. Riduce l’incertezza, limitando lo strapotere dell’Agenzia delle entrate e consente a chi arriva di capire subito quanto gli costerà restare. Questo ci avvicinerà allo standard continentale e potrebbe consentire alle piccole eccellenze di crescere.
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