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Май
2024

La Mauritania e il grande gioco nel Sahel

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Lo Stato africano occupa una posizione speciale per Unione europea e Stati Uniti. Ma anche per l’Italia essendo centrale, con il suo territorio, per il Piano Mattei e le politiche energetiche.

Per Bruxelles e Washington non ci sono solo sviluppi preoccupanti nel Sahel. Buone notizie anche per l’impegno e la strategia energetica dell’Italia. Sul radar di Palazzo Chigi, dove è incardinata la cabina di regia del Piano Mattei per l’Africa, quest’area conta moltissimo. E la Mauritania, con la sua superficie vastissima in cui vivono meno di cinque milioni di individui, occupa una posizione speciale anche per Roma. Ecco perché. La smisurata fascia geografica del Sahel non è solo un vasto incubatore per diverse sigle terroristiche come lo Stato Islamico della provincia dell’Africa occidentale, Jama’at Nusrat al-Islam wal-Muslimin, al-Qaida in the Islamic Maghreb (Aqim) e Boko Haram, che in Sahel godono di spazi sconfinati in cui scorrazzare e condurre quasi indisturbati le proprie attività di reclutamento, traffico di esseri umani e beni.

C’è dell’altro: il Sahel vive da tempo un intenso fenomeno di polarizzazione geopolitica. Da una parte ci sono Burkina Faso, Mali e Niger, ormai a tutti gli effetti un’alleanza filo-russa con abbondante ricorso agli ormai celebri mercenari della Wagner e ai loro colleghi. Anche il Ciad ultimamente dà segno di volersi unire a questo club. Dall’altra parte ci sono gli alleati di Stati Uniti ed Europa. Su questo versante, si registrano importanti aperture da parte della Mauritania. Appena un decennio fa, questo Paese e altri quattro partner contribuirono alla nascita della task force G5 Sahel per fronteggiare i gruppi islamisti dell’area. Dell’iniziativa oggi resta poco o nulla. Golpe militari hanno infatti rovesciato i governi in carica in tre dei Stati membri (Burkina Faso, Mali e Niger) che hanno subito espulso le forze di sicurezza occidentali. Poche le eccezioni, tra cui proprio l’Italia che ha scelto di non troncare i rapporti con la giunta nigerina, con un non banale esercizio geopolitico.

A Parigi hanno digerito la cosa molto male, temendo che Roma voglia approfittare della cacciata dei francesi. In ogni caso, aver eliminato quasi del tutto la presenza occidentale non sembra aver portato bene alle giunte militari di Burkina Faso, Mali e Niger. Nel solo 2023 il Burkina Faso si è infatti aggiudicato il triste primato di Paese più colpito da attacchi terroristici al mondo, superando in classifica l’Afghanistan. A Mali e Niger non va molto meglio: gli episodi di terrorismo sono triplicati da quando hanno preso il potere le giunte militari. Senza contare che golpisti e mercenari russi non vanno per il sottile, mietendo numerose vittime tra la popolazione civile. I ritrovamenti di fosse comuni sono ormai all’ordine del giorno, e contribuiscono a loro volta a intensificare la radicalizzazione delle comunità rurali, rinforzando gruppi come Aqim e Jama’at Nusrat al-Islam wal-Muslimin. Sta di fatto che a Nouakchott, la capitale della Mauritania, dove di attentati non ce ne sono dal 2011, non c’è alcuna voglia di affidarsi alle mani callose della Wagner, oggi Afrika Corps. Tanto più che proprio pochi giorni fa truppe del vicino Mali, supportate dagli immancabili mercenari russi, hanno sconfinato di parecchi chilometri in territorio mauritano con la scusa di inseguire combattenti separatisti.

Il risultato? Tredici vittime tra la popolazione civile mauritana, seguite da una sfilza di scuse e giustificazioni da parte di Bamako. I vertici della Mauritania non l’hanno presa bene, e hanno risposto conducendo organizzazioni militari al confine con il Mali. Prima ancora, a febbraio, a Nouakchott erano stati avvistati assieme al presidente mauritano Mohamed Ould Ghazouani il premier spagnolo Pedro Sánchez e la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Il frutto del rinnovato dialogo con il Paese saheliano è un accordo per il contrasto all’immigrazione clandestina, vale a dire poco più di 200 milioni di euro che servono ad addestrare, equipaggiare e finanziare le truppe di frontiera mauritane. La Mauritania ha un potenziale economico molto forte, basti pensare a eolico e solare, a cui si aggiunge l’idrogeno verde. Quest’ultimo è un elemento prezioso per emancipare il continente europeo dal gas e dal petrolio russi, e dunque interessa all’Italia, candidata a essere appuntol’hub energetico europeo nel Mediterraneo.