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Май
2024

L’Onu approva tra le polemiche la risoluzione per Srebrenica

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BELGRADO. L’11 luglio sarà “Giornata internazionale per la riflessione e la commemorazione del genocidio del 1995 a Srebrenica”. Ma arrivare all’obiettivo ha spaccato la comunità internazionale e rischia di accendere nuove micce di instabilità nei Balcani.

È l’esito del voto, storico, all’Assemblea Generale dell’Onu che ieri ha approvato a maggioranza – ma con un mare di astenuti – la risoluzione per l’istituzione della Giornata alla memoria di Srebrenica, fortemente sostenuta dall’Occidente, da vittime e sopravvissuti e da metà Bosnia. La risoluzione è stata elaborata tra grandi polemiche da Germania e Ruanda e sponsorizzata da una quarantina di Paesi, tra cui Francia, Regno Unito, Stati Uniti, Italia e tutti gli Stati balcanici. La Serbia che, come i serbo-bosniaci, legge Srebrenica come un crimine atroce ma non genocidio, l’ha interpretata fin dall’inizio come un tentativo di addossare a un intero popolo, quello serbo, una colpa collettiva per i crimini del 1995.

Malgrado critiche e polemiche, i sì hanno prevalso (84), ma i no sono stati tanti (19), tra cui quelli di Cina, Ungheria e Russia e ben 68 sono state le astensioni. Spaccatura evidente, al Palazzo di Vetro, che è emersa durante il dibattito e la successiva esposizione delle motivazioni sul voto da parte dei Paesi membri. «Quelli che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo», ha ammonito la rappresentante tedesca all’Assemblea, Antje Leendertse, ricordando che il «genocidio a Srebrenica è stato riconosciuto» come tale dalla giustizia internazionale e che la Giornata è la via per onorare «le vittime», favorire «la riconciliazione oggi e domani».

Completamente opposta la lettura della Serbia, che ha condotto per mesi una durissima battaglia diplomatica contro la risoluzione, con voci che suggerivano che far scendere i sì al testo sotto i 100, come poi accaduto, sarebbe stato un successo. Così il presidente serbo Vucic, che si è rivolto all’Assemblea generale ricordando di «aver onorato tutte le vittime», anche recandosi a Srebrenica, ha bollato la risoluzione come «molto politicizzata», iniziativa che «non porta alla riconciliazione in Bosnia e nella regione». E «aprirà alla fine il vaso di Pandora» oltre a «vecchie ferite», creando un «caos politico» non solo nei Balcani, ha ammonito prima di avvolgersi in una bandiera serba.

Alla Bosnia «serve armonia», la risoluzione «non è in linea» con i principi Onu e «con il mantenimento della pace» nei Balcani, «votiamo contro», ha fatto eco anche la Cina, una posizione condivisa da molti altri Paesi del Sud del mondo, tra no, astensioni e aperte critiche ai «doppi standard» dell’Occidente e alla mancanza di vero «consenso» sul tema. La risoluzione ha come obiettivo quello di «demonizzare» i serbi, la durissima posizione di Mosca che ha attaccato la Germania, che «dà lezioni ad altri, ma non ha autorità morale» dopo il 1945. Ora, dopo il voto e mentre vittime e sopravvissuti possono celebrare, scatta l’attesa per le conseguenze, in Serbia e soprattutto in Bosnia, dove un’escalation della tensione è percepibile. Lo hanno confermato le parole, prima del voto, del presidente serbo-bosniaco, il nazionalista Milorad Dodik, che ha sostenuto che la risoluzione è «sinonimo della fine della Bosnia-Erzegovina», dissoluzione che potrebbe avvenire «in maniera rapida o nel tempo».