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Май
2024

Aggressione all’ex, poi si uccide: lei va al funerale, insultata dai parenti: «E’ colpa tua»

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Tensione e accuse incrociate al funerale di Diego Visentin, il 57enne che si è tolto la vita l’8 maggio, nella sua abitazione, dopo aver aggredito l’ex compagna, R.B, che lo aveva lasciato a gennaio.

Ieri pomeriggio, nel sagrato della chiesa arcipretale di Noale, la tensione si tagliava con il coltello. La bara dell’uomo ricoperta di rose bianche e rosse ha fatto il suo ingresso in chiesa, seguita dai famigliari, l’ex moglie, i figli, i parenti più stretti. L’ex compagna, che ancora porta i segni della violenza subita, aveva promesso che avrebbe partecipato. È arrivata con la madre e con gli amici più vicini e i colleghi di lavoro: entrambi, infatti, erano netturbini dipendenti di Veritas, ed è proprio così che si sono conosciuti. È rimasta un po’ in chiesa, in disparte, poi è uscita.

Ma era evidente che tra la famiglia di lui e quella della donna, le questioni sono tutt’altro che sedate. Prima una parente dell’ex moglie ha cercato di avvicinarsi all’ex compagna, urlando «la colpa è tutta tua» e ripetendo «Le cose non sono andate come vengono raccontate» sostenendo che la sua gelosia per il figlio avrebbe «rovinato la vita a Diego».

La polizia locale è riuscita a farle capire che non doveva avvicinarsi alla 48enne. A difenderla sua madre, che a sua volta ha affrontato i parenti di lui. Quando la donna ha deciso di andarsene, per evitare che la situazione degenerasse, nel parcheggio dietro alla chiesa il secondo round.

Alcuni famigliari di Visentin mentre il carro funebre rallentava, l’hanno offesa con pesanti epiteti, lanciandole accuse, dicendo che era tutta colpa sua e che «lo aveva portato all’esasperazione». Alla stessa stregua di una collega, amica dell’uomo, la quale continuava a ripetere che la realtà è ben diversa da come è stata descritta e che la donna si sarebbe «inventata tutto». R.B si è difesa rispondendo: «Dovevo morire quel giorno? Non sono morta, mi dispiace». Solo la presenza degli agenti, ha evitato che la situazione degenerasse ancora e che le due famiglie si mettessero le mandi addosso. Sintomo che il dolore è ancora vivo e che quanto accaduto sarà molto difficile da metabolizzare.

Il parroco, don Sandro Dalle Fratte, durante l’omelia ha parlato a lungo di Diego, della sofferenza che nascondeva e che non gli dava pace, della sua chiusura e della sua difficoltà ad aprirsi. Ricorrente il tema della solitudine che non riusciva a sconfiggere. E poi, più volte, il consiglio di non cedere alla tentazione di giudicare.

«Ogni vita è un mistero, ma è anche complessa, talmente complessa che per qualcuno può diventare complicata. È difficile entrare nel cuore di una persona, possiamo solo aprirci con pazienza, perchè uno spiraglio ci deve essere». Ha proseguito il sacerdote: «Diego era un uomo di carattere, una persona buona. Ma allo stesso tempo era anche insicuro: deciso e insicuro. La chiusura si traduceva nella sua riservatezza: parlava poco e solo di alcune cose, faticava a superare quell’involucro della solitudine che tutti viviamo. Ci provava, con gli amici, ma non a tutti è dato entrare, anche a chi ci sta più vicino». Ha continuato: «Diego sentiva il peso del lavoro, viveva un momento di confusione. Non dormiva, non vedeva l’ora di stare col figlio. Aveva il desiderio di avere qualcuno a fianco, ma nonostante gli amici non riusciva a superare questa solitudine pesante, la paura di un male non fisico». Infine un invito a ricordarlo e pregare per lui, affidandolo al Signore.