Padova, uno studente su cinque non frequenta l’ora di religione
Una volta era considerata l’ora dell’approfondimento, dove l’ansia da interrogazione o compito in classe lasciava spazio al confronto tra insegnante e alunni.
Nelle scuole dell’infanzia era il primo approccio verso qualcosa che i genitori facevano fatica a spiegare. È l’ora di religione. Oggi però un alunno su cinque sceglie di non frequentarla.
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È quanto emerge dal report dell’Uaar (Unione atei e agnostici razionalisti), dove la provincia euganea è la terza in Veneto per rinunce (20,7%), dopo Venezia (23,1%) e Treviso (21,6%).
Nel Padovano ci sono scuole superiori dove oltre il 60% dei ragazzi hanno scelto di non frequentarla, ma numeri alti ci sono anche negli asili e alle elementari, dove a scegliere sono i genitori.
I numeri del fenomeno
Ci sono quindi banchi sempre più vuoti e lezioni ormai a metà, che confermano uno scenario di inversione di rotta.
Nell’intera provincia di Padova è l’istituto tecnico di Montagnana dell’Educandato San Benedetto quello con più rinunce, con una percentuale del 61,04% degli studenti che in quell’ora lascia l’aula (47 studenti su 77).
Ma subito dopo c’è Padova con la scuola d’infanzia Fornasari e la primaria Rosmini, rispettivamente al 60,3% e il 57,5% di bambini che non frequentano l’ora di religione.
Anche nei grandi istituti i numeri sono pesanti. All’istituto tecnico Calvi su 1.089 studenti, in 456 hanno scelto di non svolgere l’ora di religione (il 41,87%), mentre al Severi sono 436 su 1.122 e al liceo “Cornaro sono 378 su 1.023.
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«Questi numeri dipendono molto dal fatto che siamo diventati multietnici e quindi multireligiosi – spiega Etta Andreella, consigliera comunale che per l’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti fa la celebrante laica – Sono convinta che, se nella scuola si deve necessariamente parlare di religione, si debba insegnare storia delle religioni e non una sola. Lo abbiamo visto con il Ramadan, dove alcune scuole hanno dovuto chiudere perché non c’erano i bambini. Sono dati che vanno presi in considerazione per il complesso della popolazione che ormai siamo diventati e la scuola deve adattarsi».
Le alternative
Sono migliaia quindi gli studenti delle scuole padovane che disertano l’ora di religione. Di questi, oltre la metà ha optato per l’entrata posticipata o l’uscita anticipata dall’istituto, mentre soltanto in pochi hanno preferito indirizzarsi verso le cosiddette attività alternative o attività di studio.
Sono i Comuni più piccoli ad avere la casella dei non frequentanti vuota. Nelle primarie di Vo’, Urbana, Albignasego o Piazzola sul Brenta, tutti rimangono in classe: «Non dovrebbe cambiare solo l’ora di religione, ma un po’ tutto il programma di studio che è sempre troppo italianocentrico, mentre ormai siamo cittadini del mondo – insiste Andreella – È anche una questione di evoluzione, perché i ragazzi si allontanano dalla religione sempre di più iniziando a non crederci. Chi frequenta davvero la Chiesa Cattolica lo fa perché ha una fede vera e non più per consuetudine, come si faceva una volta. Questa si chiama laicizzazione».
Gli adolescenti
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La differenza poi si nota tra i licei, le scuole superiori e i primi anni d’istruzione, dove non sono i ragazzi a scegliere direttamente: «L’ora di religione consente agli alunni di approfondire temi importanti, che spaziano dalla cultura alla storia, fino al legame con i popoli, ma non è affatto il catechismo – commenta Nereo Tiso, anch’egli consigliere comunale dem e insegnante di religione in pensione – Ormai circa il 17% della popolazione è straniera, quindi molti non sono cattolici e automaticamente non fanno religione».
«Poi non nego che c’è anche una crisi: i ragazzi non ci tengono, però garantisco che anche molti non credenti invece scelgono di seguire la lezione. Sono tanti i bambini e i ragazzi che scelgono di non farla, ma ci si dimentica invece di dire che chi entra in classe, in media, è oltre l’80%».
«Ricordo che l’avvalersi o meno dell’insegnamento della religione nasce nel 1984 con la revisione del concordato tra Stato e Chiesa. Qualcuno pensava che, per togliersi dai piedi gli insegnanti di religione, era sufficiente lasciare libertà di scelta all’atto dell’iscrizione. Dopo 40 anni, mi sembra che le previsioni non siano state azzeccate».