Boccassini indagata a Firenze per false informazioni ai pm: “Ha taciuto quel che sapeva su chi bruciò l’indagine su Berlusconi e la mafia”
Ilda Boccassini è indagata a Firenze per false informazioni al pm aggravate dal tipo di indagine nella quale furono rese le dichiarazioni incriminate. L’ex procuratore aggiunto non è accusata di aver mentito ma di avere taciuto quel che sa. Secondo i pm fiorentini conoscerebbe il nome di una fonte che le fu fatto durante un colloquio nel 2011 dal suo amico, il grande giornalista Giuseppe D’Avanzo. Il reato sarebbe stato compiuto quando l’ex pm è stata stata sentita il 14 dicembre del 2021 dai pm di Firenze (insieme a quelli di Caltanissetta) nell’ambito delle indagini in corso sulle stragi del 1993.
Quel giorno a Boccassini fu chiesto di chiarire meglio un passaggio del suo libro uscito pochi mesi prima per Feltrinelli: ‘La stanza numero 30‘. In particolare aveva raccontato una confidenza ricevuta dall’amico Giuseppe D’Avanzo, poco prima della morte nel 2011, sulla fonte che nel 1994 da un lato aveva permesso un grande scoop a D’Avanzo e al collega Attilio Bolzoni di La Repubblica, bruciando però dall’altro lato un’inchiesta che puntava a ricostruire le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Salvatore Cancemi sui flussi di soldi versati dal gruppo Berlusconi alla mafia.
Il 18 febbraio 1994 Ilda Boccassini, giovane pm applicata a Caltanissetta alle indagini sulle stragi di mafia del 1992, interrogò Cancemi, il quale mise a verbale una confidenza ricevuta da Riina nel 1990-1991. Il boss gli avrebbe detto che con la mediazione di Marcello Dell’Utri arrivavano a Totò Riina 200 milioni l’anno in più rate “consegnate non so da chi a Pierino Di Napoli, reggente della famiglia di Malaspina”. Siamo a un mese dalle elezioni del marzo 1994 che consegneranno l’Italia a Berlusconi. Le dichiarazioni di Cancemi, a prescindere dagli esiti processuali, allora erano esplosive.
La Cassazione del processo Dell’Utri nel 2014 svaluterà quelle dichiarazioni in parte de relato di Cancemi come “complessivamente prive di un’autonoma significatività probatoria”. Nel 1994 però quella era forse l’indagine più delicata e segreta in corso in Italia. Immediatamente, come Ilda Boccassini racconta nel suo libro, la Procura di Caltanissetta affidò le indagini per le dovute verifiche ai Carabinieri. Gli uomini coordinati dall’allora capitano Sergio De Caprio, detto Ultimo, pedinarono l’ultimo anello della catena che portava le mazzette, secondo Cancemi, da Milano a Palermo: Pierino Di Napoli. Il 20 e 21 marzo del 1994 su Repubblica i giornalisti Bolzoni e D’Avanzo però pubblicano i contenuti del verbale di Cancemi. Le indagini sono bruciate. Ilda Boccassini, amica di Giuseppe D’Avanzo, provò più volte negli anni a forzare il segreto professionale per capire la fonte. Nel libro l’ex pm scrive che solo una volta D’Avanzo aprì una breccia nel riserbo: “Proprio pochi giorni prima della sua morte improvvisa (avvenuta il 30 luglio 2011), alla mia ennesima sollecitazione”.
Nel racconto di D’Avanzo del 2011 riportato nel libro di Boccassini del 2021 – come Giuseppe Pipitone notò subito su Il Fatto Quotidiano – erano presenti alcuni elementi utili per risalire all’identità della fonte. Nel libro l’ex pm però non dice il nome e sceglie un’altra strada: stimola la ‘fonte’ a uscire allo scoperto da sola. Questa la posizione di Ilda Boccassini sul punto nel libro: “Niente nomi, perché Peppe non c’è più e perché il suo interlocutore mi conosce bene. Forse sarebbe importante per tutti se volesse confrontarsi sui motivi che lo hanno spinto ad agire in quel modo”. La fonte dunque sembra essere nota all’ex pm ma non risulta che abbia aderito all’invito al confronto sui motivi della ‘soffiata’ a una settimana dalle elezioni, a un mese dall’inizio delle indagini. I pm di Firenze hanno convocato Ilda Boccassini il 14 dicembre 2021 per chiederle chi fosse ‘la fonte’ di D’Avanzo a lei da lui svelata. L’ex pm, secondo i procuratori aggiunti Luca Turco e Luca Tescaroli “taceva ciò che sapeva intorno ai fatti sui quali veniva sentita”. Per l’esattezza “non forniva il nominativo della fonte che aveva informato il giornalista Giuseppe D’Avanzo, secondo il racconto che quest’ultimo le aveva fatto in un colloquio privato”. Ilda Boccassini ha ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini dove gli ex colleghi le contestano l’articolo 371 bis comma 1 e l’articolo 384 ter del codice penale. Ora ha venti giorni per farsi sentire con il suo avvocato per evitare la richiesta di rinvio a giudizio.
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