I mestrini scettici: «Bene la moschea ma non basterà». Sotto accusa barriere e drop-in
«La moschea va benissimo, qualsiasi cosa, lì, andrebbe benissimo. Ma il fatto che l’ex falegnameria sia rifugio di tossici e sbandati, in verità, è solo il sintomo di un problema più ampio: le cause sono il Drop-in, ovviamente, e la barriera del passaggio a livello, che ha trasformato questo braccio di strada in un ghetto, chiuso nelle sue criticità». Paolo Favaretto, titolare della carrozzeria Moderna, lo dice da tempo: da anni è diventato il volto arrabbiato, esasperato, di via Giustizia. E, alla notizia della possibilità che il rudere della segheria Rosso possa lasciare il posto a una moschea e a un grande centro islamico per la comunità bengalese, scrolla le spalle: «Il punto è che bisogna convincere la proprietà a vendere, ci abbiamo provato anche noi in passato».
Martedì mattina l’ha detto anche a Prince Howlader, presidente dell’associazione Giovani per l’umanità, testa del progetto, incrociato quasi per caso davanti ai cancelli incatenati: «Il terreno varrà sì e no 700 mila euro, a noi avevano chiesto cinque milioni». I due si sono parlati, stretti la mano, assicurati reciproca collaborazione. «Il mio obiettivo è anche rivitalizzare questa zona della città», spiega Howlader, «i tossicodipendenti si fermano qui perché non c’è un viavai di persone, se ci fosse più movimento non sarebbero loro i padroni della zona».
Giovani per l’umanità vuole realizzare molto più di un luogo di culto: nel progetto da cinque milioni trova spazio anche una biblioteca, un laboratorio per le donne, un centro conferenze, un’area gioco per bambini; lo studio di fattibilità sta già venendo steso, gli uffici della Coesione sociale del Comune lo ascolteranno venerdì (e, intanto, preferiscono non esprimersi, non avendo ancora visto nulla di ufficiale).
Via Giustizia, intanto, parla con una voce sola: «Il Drop-in è il principale problema», ribadiscono Carmelo Spampinato e Alessandro Maschietto, titolari dell’officina Grandprix, che sorge affianco alla struttura comunale, «Dovrebbero spostarlo in un’area desolata, qui ci troviamo continuamente in mezzo ai problemi: anche questa mattina, poco prima delle otto, si urlavano dietro, si minacciavano coi bastoni. Ce li troviamo a bucarsi in strada, a tutte le ore; rovistano nei tombini, stendono persino la biancheria sulla recinzione che condividiamo con loro. E allontanano i clienti, a lungo andare: chi non si spaventerebbe a vedere certe scene?».
Della segheria Rosso parla anche Alessandro Gasparini, della concessionaria Automultibrand, ricordando un progetto naufragato in passato: «Ci volevano fare un albergo, era già tutto pronto, poi l’architetto è morto e non se n’è fatto niente. Per me va benissimo la moschea, ho visto i rappresentanti della comunità bengalese in sopralluogo, nei giorni scorsi. Ma bisogna anche risolvere il problema della viabilità, oltre a quello dei drogati. Almeno a senso unico, bisognerebbe riaprire il sottopassaggio alle automobili».
Il nodo del passaggio a livello «chiuso anche per quaranta minuti filati» è al centro delle preoccupazioni di Favaretto, che insiste: «Qui ormai ci lavorano 260 persone, se qualcuno si fa male cosa fanno, mandano un elicottero? L’amministrazione dell’epoca, che ha voluto risolvere così, ha creato un danno enorme». Lui la sua scuola per carrozzieri - un unicum in Italia - l’aprirà in via Trento, subito oltre il sottopassaggio: vicina, ma oltre le barriere che isolano via Giustizia. «Speriamo che, comunque, faccia qualcosa per migliorare la zona».